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sabato 11 febbraio 2012

Crisi del gas: il nucleare riproposto come soluzione energetica

In questi giorni di gelo, nel nostro Paese si torna a parlare di Russia e di gas. Mentre in Salento monta la protesta contro uno nuovo gasdotto che dovrebbe rifornire il nostro Paese dal Mar Caspio fino in Puglia attraversando l’Adriatico, il presente è fatto di timori e paure. La dipendenza dell’Italia dal gas russo è un fatto difficilmente negabile.

Fatto che si somma, curiosamente, con l’ipotesi di liberalizzare l’ENI – nonostante si possa dire che proprio la mancanza di serbatoi di Stato sia una delle cause dei nostri problemi – che potrebbe venire affrettata proprio dalla crisi odierna. L’analisi economico-politica però trascende i limiti propri del nostro lavoro. Non possiamo, comunque, ignorare le dichiarazioni in merito di Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea e responsabile per la politica industriale.

Fedele alle politiche del precedente Governo – ricordiamo come Tajani sia stato un prezioso alleato di Berlusconi fin dall’inizio della storia politica di quest’ultimo -, egli ha riportato il dibattito sulla, a suo dire, sciagurata decisione presa il 12 e il 13 giugno dagli italiani. Sì, perché l’Italia starebbe pagando la mancanza di centrali nucleari, che la renderebbero meno dipendente dal gas di Putin:

Sul problema dell’approvvigionamento del gas all’Italia bisogna dire la verità senza fare dell’allarmismo, ma mi sembra che ora sulla scelta del nucleare una riflessione vada fatta. L’incidente alla centrale di Chernobyl fu la fine del comunismo e il disastro alla centrale atomica di Fukushima in Giappone è stato più un problema legato allo tsunami. La Commissione europea è neutrale rispetto alla scelta nucleare, questa è una scelta che spetta ai governi ma forse il dibattito sul nucleare è stato chiuso troppo in fretta.

Va certamente ricordato come, anche senza referendum, difficilmente il nostro Paese si sarebbe dotato di una centrale funzionante prima di 15-20 anni. a ogni modo, Tajani apre anche a soluzioni più “green”, arrivando a citare Jeremy Rifkin:

Servono liberalizzazioni, separazioni tra chi vende e chi deve distribuire (come avvenuto in passato tra Terna ed Enel ad esempio) e preparare un terza rivoluzione industriale di cui parla l’economista americano Jeremy Rifkin, aprirsi cioè alla Green Economy: questa è la vera chiave per l’innovazione.

Sulle liberalizzazioni, come detto, non tocca a noi parlare. Ma per tornare al tema nucleare, ci sembra interessante tenere conto dell’analisi pubblicata dalla blogger Deborah Billi. Infatti, una delle situazioni più curiose che stiamo vivendo in questi giorni è l’affanno energetico della Francia.

Nonostante 58 reattori nucleari sul proprio territorio, oltralpe l’energia sembra non bastare mai. Sarà che lì il clima è anche più rigido che da noi, ma è innegabile che i conti non tornino. Probabilmente, come nota la Billi, sarà colpa del cosiddetto paradosso di Jevons: più energia produci, più è l’energia di cui hai bisogno. I francesi, sarà anche per le bollette basse che si ritrovano, ma non sembrano in grado di entrare nell’ottica del risparmio energetico.

E questa cosa, più che essere una simpatica contraddizione, è la prova di come si renda necessario pensare il progresso nei prossimi anni superando quel dogma che da troppo tempo ci accompagna: quello della crescita. Il futuro energetico dell’Europa passa anche dal riuscire a contenere i consumi.

Fonte: greenstyle.it

sabato 4 febbraio 2012

Rossi: l’E-Cat domestico dovrà essere ricaricato ogni 6 mesi

In questi giorni, dal suo blog, Andrea Rossi sta regalando un fiume di notizie e anticipazioni sul suo E-Cat.

Intanto, ha specificato come la versione domestica del suo reattore nucleare a fusione fredda sarà venduto con due ricariche. In pratica, ogni ricarica durerà sei mesi e le operazioni di sostituzione saranno molto semplici.

Poi basterà mandare il contenitore-ricarica vuoto a uno dei tanti partner locali di Rossi per averlo poi indietro caricato e pronto all’uso. Insomma, un sistema che si annuncia comodo e probabilmente economico.

Inoltre, Rossi conferma la sua opinione positiva sul lavoro che starebbe svolgendo in USA. La robotizzazione della produzione procederebbe bene. Non solo, ma in un altro messaggio avrebbe parlato di quello che potremmo definire il suo piccolo dramma personale: troppo impegno (che gli impedisce di rispondere alle domande dei lettori).

In pratica, l’ingegnere italiano starebbe contemporaneamente seguendo l’organizzazione meccanizzata della fabbrica, costruendo impianti da 1 MW richiesti un po’ in tutti gli Stati Uniti e viaggiando per il mondo per organizzare quella che sarà la futura rete di vendita dell’E-Cat domestico.

Però, ci assicura sempre Rossi, possiamo stare tranquilli che sono in arrivo grandi novità tecniche. Non solo conferma che sarà possibile produrre energia elettrica a partire dal suo reattore, ma anche che grazie a un partner americano ci sarà un aumento “spaventoso” dell’efficienza del sistema.

Insomma, se siete tra coloro che si fidano di Rossi, sono tutte grandi notizie. Certo, l’eccesso di buone notizie potrebbe anche essere scambiato per un indizio di poca serietà. Il dibattito resta aperto.

Fonte: greenstyle.it

mercoledì 1 febbraio 2012

Costi del nucleare: la fine di un mito. Anche in Francia è l'ora delle scelte

Fonte: greenreport.it

Il rapporto sui costi del nucleare pubblicato ieri dalla Corte dei Conti francese è una vera e propria bomba lanciata nel dibattito delle elezioni presidenziali che è molto guardingo sul nucleare.
Il rapporto, pubblicato da una "juridiction indépendante", distrugge il mito del nucleare francese a buon mercato che qualcuno anche in Italia aveva raccontato prima e durante la campagna referendaria, evidenziando i costi intrinseci dell'energia atomica.
"Sortir du nucléaire", la rete antinucleare francese, sottolinea: «A qualche mese dalle elezioni presidenziali, i candidati devono subito prendere posizione sul proseguimento delle grandi spese di questo metodo di produzione dell'elettricità, o per una svolta decisiva verso delle energie meno inquinanti ed infinitamente meno care. Finito lo status quo, ecco l'ora delle scelte!»

Il verdetto della Corte dei conti sembra senza appello: il costo medio del nucleare nel 2010 era a 49,5 euro il MWh e quello dell'energia prodotta dal nuovo reattore Epr addirittura da 70 a 90 € il MWh. Il rapporto mette in evidenza il balzo in avanti dei costi per la costruzione dei nuovi reattori e seppellisce economicamente l'Epr. «Il nucleare conferma così di essere la sola tecnologia nella quale i costi di costruzione aumentano con il tempo - sottolinea "Sortir du nucléaire" - La Cour des Comptes non si arrischia, ma non è vietato trarre delle conclusioni sulla competitività crescente delle energie rinnovabili, i cui costi di produzione non fanno che decrescere».
Anche i costi di manutenzione degli impianti nucleari sono destinati a crescere, facendo aumentare dal 10 al 15% i costi di produzione. Secondo cifre fornite dalla stessa multinazionale energetico-nucleare francese Edf assommano a 3,7 miliardi di euro i fondi da destinare ogni anno alla manutenzione dei reattori francesi ed al rafforzamento delle norme di sicurezza , una somma che bisognerà rivedere al rialzo, visto che, nonostante gli stress test, le valutazioni finali sui rischi del post-Fukushima devono ancora essere completate e che l'Autorité de sûreté nucléaire (Asn), non certo famosa per il suo rigore, ha definito le cifre fornite da Edf molto ottimistiche.

"Sortir du nucléaire" spiega: «Sappiamo già che il costo dell'elettricità dovrà aumentare. E' tempo di finirla di criminalizzare le rinnovabili: è proprio il nucleare che è responsabile di questo aumento! Le incertezze e le zone grigie indicate dalla Cour des Compte la dicono lunga sulla prossima impennata dei costi».
Ma ci sono costi ancora più difficili da calcolare: quelli dello smantellamento delle centrali e delle scorie. Fino ad ora queste cifre venivano calcolate sulla base di dati forniti dalla stessa Edf, ma la Corte dei Conti si è rifiutata di convalidarle. Si tratta di 18,4 miliardi di € per lo smantellamento dei 58 reattori in funzione in Francia, ma la Corte la giudica una cifra poco realistica, anche in relazione ai costi molto più alti che i registrano in altri Paesi. La stessa cosa vale per le scorie nucleari. La stima Edf è di 28 miliardi di € per la loro gestione a lungo termine (escluso il combustibile nucleare esausto), una previsione definita «Fragile».
Il problema è anche che la politica tradizionale francese, sempre pronta a difendere il nucleare, non ha messo in bilancio le cifre necessarie a gestirlo: dei 27,8 miliardi necessari per i costi che arriveranno sono disponibili solo 18,2 miliardi. Edf ha dovuto trovare i soldi per il nucleare attingendo ai fondi per la gestione delle reti di distribuzione. Ma alla fine non saranno le grandi aziende (partecipate dello Stato o statali) a pagare il conto, ma i contribuenti francesi.

Nonostante tutto, "Sortir du nucléaire", non si fida nemmeno delle clamorose cifre del rapporto, dato che è stato commissionato dal Presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy con il mandato di analizzare solo alcuni aspetti dell'industria nucleare: «Questo studio è paragonabile ad una fotografia. Comporta numerose zone d'ombra... e molti elementi essenziali restano fuori dall'inquadratura».
Gli ambientalisti si riferiscono ai "costi occulti": «La valutazione della gestione delle scorie omette così di tener conto sia dei residui minerari (che rappresentano migliaia di tonnellate di materiali inquinanti) che dell'uranio impoverito, con il pretesto che sarebbe una materia valorizzabile».
La Corte dei conti si occupa anche della possibilità di incidenti e chiede che venga urgentemente ratificata e la Convention de Paris, che permetterebbe di portare a 200 milioni di euro le somme a carico dei gestori degli impianti nucleari in caso di incidente. «Ma questo ammontare resta irrisorio di fronte al costo di un incidente grave del tipo di Fukushima, del quale la Cour des Comptes si è rifiutata di tener conto - dicono i no-nuke francesi - Infine, constatiamo che la Cour des Comptes non ha fatto parola del nucleare militare, la cui esistenza è d'altronde all'origine di quella del nucleare civile».

Nell'audizione alla Cour des Comptes, "Sortir du nucléaire" aveva suggerito che fossero conteggiati tutte le esternalità negative sul prezzo della produzione di elettricità nucleare: la distruzione delle aree dove si realizzano miniere di uranio, i diritti violati dei popoli autoctoni, l'inquinamento dei corsi d'acqua e dell'ambiente, gli impatti sulla salute dei lavoratori e di chi vive vicino alle centrali «Che hanno un costo non indifferente per la società».
La Cour des Comptes lancia l'allarme sui costi esponenziali dell'Epr e dello smantellamento delle centrali nucleari per i conti pubblici, rivelando così perché la Francia e molti Paesi cercano di allungare il più possibile la vita dei reattori nucleari, assumendosi rischi enormi ed esponendo la popolazione ad incidenti che, come si è visto a Fukushima Daiichi, superano quelli della costruzione di una grande centrale nucleare. «Lo status quo non è più possibile - concludono gli ambientalisti francesi - è in tutti i casi bisognerà fare una scelta. Piuttosto che inghiottire miliardi di euro all'anno in un insufficiente raffazzonamento delle centrali invecchiate, investiamoli nel risparmio energetico e nelle rinnovabili. Già nel 2006, uno studio dimostrava che, nella regione del Grand Ouest, si sarebbero potuti assicurare altrettanto bene i bisogni di elettricità se si fossero destinati i 3,3 miliardi di € che costava allora l'Epr alle alternative energetiche. Degli scenari di uscita dal nucleare esistono, applichiamoli prima che sia troppo tardi!».