Ricorderete probabilmente la decisione del Ministro Corrado Clini di dire basta al fotovoltaico sui campi agricoli. Un “basta” che significava, essenzialmente, stop agli incentivi per tutti quegli impianti sorti su terreni destinati alla coltivazione.
Come era immaginabile attorno a questa decisione, che ha preso una forma concreta nel Decreto Cresci Italia (art. 65), si è aperta una discussione, anche aspra, fra i favorevoli alle nuove disposizioni e chi invece non vorrebbe veder toccati i finanziamenti al fotovoltaico. Per certi versi, possiamo dire, assistiamo ad una certa spaccatura dentro il fronte ambientalista.
Tra le voci contrarie da sempre al fotovoltaico agricolo – e quindi d’accordo con Clini – non poteva mancare il Comitato Nazionale contro Fotovoltaico ed Eolico nelle Aree Verdi, che si batte proprio contro il dilagare delle rinnovabili in campi agricoli ed aree naturali. Il messaggio è inequivocabile:
La cancellazione degli incentivi al fotovoltaico sui terreni agricoli è un grande risultato che il Parlamento dovrà approvare e difendere ma ancora non basta per salvare l’Italia dalla piaga del fotovoltaico industriale in aree agricole, lacustri e più in generale naturali!
Chiediamo perciò, facendo seguito alla lettera protocollata al Governo da ben 60 associazioni da tutt’Italia nei giorni scorsi anche contro l’agrofotovoltaico, che non siano equiparati gli incentivi per il fotovoltaico-bluff su serra a quelli per il fotovoltaico virtuoso sugli edifici recenti. Vi è il serio rischio che si apra un pericoloso spiraglio che permetterebbe agli speculatori di sfruttare una ulteriore opportunità per ricoprire l’Italia di finte serre fotovoltaiche totalmente inutili e nocive sotto il profilo ambientale, paesaggistico oltre che economico.
Urge una Moratoria per fermare gli impianti già autorizzati per centinaia di ettari di vita e natura a rischio la cui realizzazione vanificherebbe in parte l’efficacia “salva-BelPaese” degli attuali provvedimenti sul fotovoltaico!
Sulla stessa lunghezza d’onda anche la Lipu. Enzo Cipressi della sezione Puglia dell’associazione dichiara, infatti:
Vaste aree del Mezzogiorno sono ormai snaturate e devastate dalla corsa alle rinnovabili ‘senza se e senza ma’. Un capitolo triste, ascrivibile a quella miseria politica che ha gratificato speculatori e faccendieri, con il sostegno di una evidente sottocultura con la quale gli impianti industriali fotovoltaici (come quelli eolici), sono stati addirittura definiti ‘parchi’. A fronte di distese solari disseminate qua e là, senza criterio e rispetto alcuno nelle aree agrarie e pastorali, poco più in là le urbanizzazioni, le aree industriali o comunque antropizzate da decenni di cemento selvaggio rimangono invece del tutto o quasi inutilizzate da tali insediamenti. Per altro, in tali aree, già compromesse sul piano ambientale, non ci sarebbe bisogno nemmeno di impattanti e costosi elettrodotti. Per la LIPU, ma anche per chiunque abbia un minimo di buon senso, un paradosso evidente, banale e soprattutto intollerabile.
Meno favorevoli risultano ovviamente i commenti delle aziende di settore, che vedono ridotto un business che già aveva subito diversi tagli nel passato recente. Su Assosolare leggiamo:
Il testo pubblicato introduce, incredibilmente, disposizioni retroattive che ledono gravemente i diritti dei produttori fotovoltaici che in buona fede hanno iniziato a realizzare nuovi impianti secondo la normativa vigente, da soli 10 mesi.
Le aziende lamentano il fatto che le regole non dovrebbero cambiare con questa rapidità. E qualcuno inizia, per questo motivo, a ritenere il provvedimento incostituzionale. Sperando che quest’ultima vicenda sia chiarita al più presto, vi terremo aggiornati sull’argomento.
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